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Suonare News novembre 2024 Editoriale
 

Ci siamo, aprono i Conservatori. E ora nulla sarà più come prima
di Filippo Michelangeli

Per il primo anno saranno attivi molti docenti di ruolo, vincitori dei nuovi concorsi a cattedra. Ma altri sono ancora in corso di svolgimento. Sale la protesta, anche se alle contestazioni non sono seguite sinora reazioni ministeriali. E i neo professori hanno dovuto ingoiare un rospo


È il 29 marzo 2023 quando la ministra dell'Università e della Ricerca, Annamaria Bernini, firma il DM 180 che istituisce i nuovi concorsi per titoli ed esami che immetteranno in ruolo, a tempo indeterminato quindi, i docenti attivi nel cosiddetto Sistema Afam, l'Alta formazione artistica musicale e coreutica di cui fanno parte anche i Conservatori di musica. È la più grande novità dai tempi della Riforma che, alla fine del 1999, rese equipollente i titoli di studio rilasciati dai Conservatori a quelli universitari.
Per il mondo della musica è uno shock. L'ultimo concorso a cattedre nazionale era stato indetto nel 1990, appartiene ai ricordi dei docenti che hanno almeno 50/55 anni. I più giovani non ne hanno neppure memoria. Tutti gli altri professori sono stati reclutati prima con graduatorie di istituto, dopo una certa anzianità confluite in graduatorie nazionali, e infine immessi in ruolo con sanatorie che si ripetevano di anno in anno. Ai concorsi non pensava più nessuno. Sale la protesta, i cosiddetti "precari", ovvero docenti che insegnano da anni con contratti a tempo determinato con la promessa, prima o poi, di ottenere l'agognato ruolo, chiedono a gran voce deroghe.
Dal loro punto di vista è comprensibile: hanno accettato incarichi in posti molto lontani dalla loro città di residenza, si sono sobbarcati enormi sacrifici logistici ed economici, e oggi si sentono beffati da un Decreto ministeriale che chiede loro di affrontare un concorso per titoli ed esami. Malgrado il malcontento, persino manifestazioni di piazza, il ministro è irremovibile e i concorsi iniziano ad essere banditi e celebrati. La formula, tuttavia, non è uguale per tutti. Fatto salva la valutazione "per titoli ed esami", ovvero una prima scrematura fatta verificando una necessaria anzianità di servizio e una sostanza artistica (concerti, pubblicazioni, dischi, eccetera), la difficoltà e l'articolazione delle prove dei singoli concorsi, giacché ogni Conservatorio bandisce un concorso abbinandosi ad altri atenei, per ottimizzare l'aspetto pratico, non è sempre uguale.
E così ci sono concorsi con prove pratiche massacranti, più vicine a quelle previste per le grandi competizioni internazionali di interpretazione, a concorsi con prove molto più miti, alla portata di tutti. Ancora una volta gli aspiranti concorrenti sollevano legittime proteste. Ma i concorsi vanno avanti. Un'altra criticità emerge nel dover accettare di essere valutati, magari con molte primavere sulle spalle, da commissioni dove colleghi più giovani, immessi in ruolo senza concorso, decidono le sorti dei candidati. Ancora una volta alle proteste non seguono reazioni ministeriali. L'ultimo rospo da ingoiare per i nuovi docenti è il regolamento che impone loro, per dare continuità didattica alle classi, di non poter chiedere il trasferimento in sedi più vicine al proprio domicilio, prima di cinque anni di servizio.
Una scelta ministeriale forse giusta, ma perché limitarla solo ai vincitori di concorso? O la regola vale per tutti o per nessuno. Questo mese aprono i Conservatori e per il primo anno saranno attivi molti docenti di ruolo, vincitori di regolari concorsi a cattedra. Ma altri sono ancora in corso di svolgimento e da adesso ogni ateneo musicale, quando avrà cattedre vacanti per pensionamenti, trasferimenti o istituzioni di nuove classi, potrà indire concorsi in proprio o unendosi ad altri istituti. Nulla, insomma, sarà più come prima.

 

 

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