Lo avevamo anticipato nell'ultimo numero dell'anno. Dal 2023 Suonare news inizierà a occuparsi, in punta di piedi, anche di musica jazz e pop, mantenendo il grosso della foliazione sulla "classica" che è da sempre il nostro genere di riferimento.
Il motivo è molto semplice: l'Alta formazione musicale, i Conservatori di Stato per intenderci, nell'ultimo decennio hanno aperto un numero sempre maggiore di cattedre di jazz, pop e rock. Non esistono dati ufficiali, monitorando i diplomati di primo e secondo livello che Suonare news riporta da sempre sulle proprie pagine, si stima che siano almeno il venti per cento delle cattedre totali, un numero imponente. E in continua crescita. È evidente che per il legislatore i Conservatori perderanno nel tempo la loro identità di università della musica colta, per diventare alta formazione musicale tout court.
Suonare news è il giornale di riferimento per docenti e studenti di musica. Raccontiamo ogni mese le attività che si svolgono all'interno degli atenei musicali, gli incarichi ai nuovi docenti, i trasferimenti, il Premio Nazionale delle Arti (dove è già presente una sezione dedicata al pop e rock), le mille iniziative che animano i 70 Conservatori italiani. Ricordo che da quest'anno i vecchi ex istituti pareggiati sono stati tutti "statizzati", rendendo di fatto il comparto più omogeneo e solido. E se lo Stato ha deciso di aprire alla musica "extracolta", la logica conseguenza è che le testate di settore ne tengano conto.
Ognuno di voi, naturalmente, su questo delicato argomento ha le proprie idee. Accanto a docenti totalmente contrari all'inserimento del pop e rock in Conservatorio - il jazz gode di migliore reputazione – ci sono professori che considerano questa apertura un passaggio "storico" per l'alta formazione musicale, persino più importante e, rivoluzionario della riforma che nel 1999 ha equiparato i titoli di studi del Conservatorio a quelli universitari. Una verità scomoda da ammettere, ma necessaria per capire fino in fondo quanto sta accadendo nei Conservatori, è che il mercato professionale della musica "colta" in Italia è da anni in affanno. Le orchestre stabili sono rimaste una trentina, numero vergognosamente basso per un Paese di 60 milioni di abitanti, ma soprattutto non più in grado di rappresentare un sbocco professionale per una platea di laureati che in trent'anni è raddoppiata, passando da 3.000 a 6.000 unità. Un diplomato di primo o secondo livello stenta quindi a trovare un'occupazione coerente con il proprio piano di studio. Il 90 per cento intraprende la strada dell'insegnamento, attività nobilissima, ma che premia soprattutto gli strumenti musicali la cui domanda è più forte: pianoforte, archi, chitarra e canto. Alcuni fiati, arpa, liuto, clavicembalo, organo sono meno richiesti. E così quando una cattedra si svuota di allievi, i direttori, per non perdere studenti e vedere ridimensionato il proprio istituto, chiedono di convertirla su una disciplina più attraente. Non posso escludere che l'apertura al jazz/pop/rock, oltre ad esprimere il desiderio di rendere i Conservatori più inclusivi nei confronti di tutti i generi musicali, abbia anche rappresentato una provvidenziale opportunità per non ridurre le piante organiche.
?Su questo numero ci occupiamo, per la prima volta nella storia del giornale, del Festival della canzone italiana, meglio noto come Festival di Sanremo. A parlarcene è la cantante materana Veronica Pompeo, docente di canto pop/rock al Conservatorio di Salerno. Non ci occupiamo della parte mondana e mediatica del Festival, ma offriamo uno sguardo critico sulla qualità delle canzoni e sulle prestazioni dei cantanti. Aggiungo che il Festival di Sanremo si avvale di un'orchestra dal vivo, è la Sinfonica di Sanremo, una delle 14 Ico, alla quale viene aggiunta una sezione ritmica.
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